Ronda Ghibellina 2016 – 44 km D+ 2.400

RONDA GHIBELLINA
La Ronda Ghibellina. Avrei voluto correrla già nel 2015 (e mi ci ero già iscritto), poi la fascite plantare fu un fulmine (forse cercato) e dovetti rinunciare. Fortunatamente gli organizzatori furono così gentili da posticiparmi l’intera quota all’anno successivo.
Eccomi dunque a 4 settimane dalla Ronda, con una bella tosse che non vuole passare e la riconferma dell’iscrizione già fatta. Dal 31 dicembre alla befana me ne sto fermo e rintanato, sperando che la tosse passi. E alla fine sembra passata.

Rimetto le scarpe ai piedi e via, per mettere insieme 180 km tra l’8 e il 29 gennaio, con 4 uscite con un po’ di D+ e tentativi di portare lo zaino a pieno carico ed i bastoncini.
Non mi sento pronto e voglio comunque vivere l’esperienza.

Notte di buon sonno (grazie anche a moglie e figlio) e sveglia la mattina alle 4.30. Colazione, 3 minuti di core stability e 3 di pallina da tennis sotto i piedi (secondo me la fascite al piede destro non se n’è mai andata del tutto). Salgo in macchina e dopo un’oretta sono a Castiglion Fiorentino.
Fuori è ancora buio, le luci dentro il palasport sono a pieno regime. Ritiro il pettorale e torno in macchina a rilassarmi un po’. Il meteo dovrebbe essere buono, quindi nessun cambiamento dell’ultim’ora nell’abbigliamento.

Mi cambio e mi incremo ogni dove con la fissan (come mi ha insegnato il guru M.R. – qui una delle sue avventure) e devo dire che il consiglio è di quelli da Manuale delle Giovani Marmotte, utilissimo.

Ore 7.30 partenza. Tanta gente, tanta davvero e tutta allegra. Mi guardo lo start dei primi, poi rientro nei ranghi e passo l’arco. Inizia il mio primo ultra trail.
Giro del paese per 1 km e poco più, quindi inizia la salita. Lunga, lughissima, e stretta. Tutti in fila indiana per 5 km. Zero possibiltà di sorpasso a parte qualche “supereroe” della domenica che si lancia tra gli alberi o taglia in qualche punto più scivoloso, giusto per il gusto di sorpassare un paio di runners e ritrovarsi comunque in coda.
Quindi un po’ di discesa: mi sorpassa chiunque dato che non sono in grado di correre decentemente in discesa ed in più ho una paura boia di cadere e farmi davvero male. Uso in bastoncini come freno per non lasciarmi andare troppo ed i tratti più rocciosi e sconnessi li faccio proprio al passo.

Al 14 km, in un tratto in lieve discesa e con fondo ottimo con giusto qualche pietra, mi rilasso un secondo e penso agli affari miei. Ovviamente inciampo, cado in avanti e batto una ginocchiata su una pietra e le mani per terra. Lezione imparata, con mano destra dolorante che non riesco a chiudere a pungo né posso impugnare il bastoncini e con un bel dolore al ginocchio destro. Attraverso i pantaloni vedo qualche goccia di sangue. Tiro una manata per toglierlo, decido di non guardare, mi rialzo e parto. La discesa prosegue per altri 3 km, quindi ho tutto il tempo di non pensare ai doloretti e riprendere il passo.
Il percorso si snoda per la maggior parte dentro il bosco, a volte con la ricerca sforzata del single track rispetto alla “carrabile a 2 metri di distanza”. Gestisco quasi tutte le salite a passo svelto, aiutandomi con i (santi) bastoncini. Tentenno per tutte le discese, cercando di corricchiare piani e falsipiani. Non salto ristoro, prendendomela comoda: mi siedo, scambio due battute, mangio qualche wafer e bevo un bicchiere di cola. Tra un ristoro e l’altro mi accontento di bere un po’ d’acqua dalla borraccia (m’è bastato mezzo litro in tutto) e una barretta e due gel in tutto.
Dal 36esimo km mi metto in stand-by: cammino quasi sempre e al massimo corricchio 300 metri consecutivi. Mi godo l’ultima oretta e mezzo di gita, con mano e ginocchio che ora mi danno meno fastidio.

Chiudo da gran falso-runner, con gli ultimi 6-700 metri corsi a 5.30/km. Attraverso l’arco (7h30m il tempo finale), sorrido contento e prendo il ricordo finisher: tazza con birra inclusa, che mi bevo tutta d’un fiato per idratarmi un po’.

Davide Ronda Ghibellina Finisher

Il mio terzo tempo, dopo la doccia, prevede un passaggio in infermeria dove, con mia grande sorpresa, mi tagliano col bisturi un pezzo di pelle del ginocchio e mi ricuciono il tutto con due punti (per di più senza anestesia perché pare non l’avessero).

Davide Ginocchiata Ronda

La ginocchiata sul sasso aveva tagliato un buco nella pelle del ginocchio ed il brandello rimasto attaccato per una virgola aveva funzionato da tappo, per questo non erano usciti fiotti di sangue e me l’ero cavata con qualche goccina in qua e in là asciugabile con un colpo di fazzoletto e via.

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